Physis
Metallo zincato, rame, acciaio, ma anche corde, cotone, guanti di lattice… La scelta dei materiali
per Barbara Grossato non ha confini e rappresenta la ragione più profonda della sua ricerca.
Anomali o tradizionali, freddi o caldi, plasmabili o rigidi, tattilmente invitanti o pungenti, artificiali
o dalla natura quasi organica: i materiali impiegati dall’artista si intrecciano in un continuo gioco di
rimandi e incontri, generando sensazioni sinestetiche contrastanti. Non si tratta di una scelta
puramente estetica, piuttosto di un’esigenza espressiva. È proprio ai materiali, infatti, che Barbara
affida la propria voce interiore: essi si fanno strumento elettivo per la narrazione del suo viaggio
esistenziale, del suo mondo privato. Ogni lavoro è una pagina di diario e la materia è l’inchiostro
che la rende visibile.
Non c’è soluzione di continuità tra i lavori di Barbara Grossato e quello che lei definisce la sua
“Natura interiore”. A guidarla nell’atto creativo è un istinto naturale. Per descrivere questa pulsione,
Barbara fa appello a un termine molto presente nella filosofia greca antica: Physis, ovvero il
principio e la causa di tutte le cose, l’energia vitale che genera ogni creatura, il principio del
movimento e della crescita. “Io penso che non ci sia altro termine che possa descrivere così
intimamente il mio lavoro”, sostiene l’artista, sentendo profondamente affine al proprio processo
creativo questa scintilla vitale, ma anche la ricerca di equilibrio nel cambiamento di cui la Physis
greca è causa ed effetto. A guidare le sue mani nel momento della realizzazione dell’opera è,
dunque, qualcosa di profondamente istintivo. Barbara si muove e crea seguendo il filo
dell’emozione e lasciando il più possibile in disparte la razionalità. Per assecondare questo processo
creativo libero da condizionamenti e intellettualismi, è arrivata a usare solo le mani come unico
strumento di lavoro. Le forme sono plasmate a mani nude: con le dita e con le unghie, sentendo
sulla propria pelle la materia, stabilendovi un dialogo profondo, con un’attitudine che definirei
quasi rituale, se non addirittura tribale. Anche nel gesto di stendere il colore con le dita, escludendo
il medium del pennello, c’è una profonda e sentita ritualità: un rito privato, però, che segue codici
squisitamente personali e che non ammette interferenze esterne. Tra Barbara Grossato e le sue opere
c’è un rapporto viscerale e di questa intima relazione resta ampiamente traccia nei suoi lavori.
Quelle di Grossato sono creature dalle forme biomorfe, mai immobili, nemmeno quando sono
costrette in una teca o dipinte su una superficie bidimensionale. Le loro aggrovigliate strutture,
contorte e intricate, non sembrano conoscere la stasi. Vibrano, si arrotolano, allungano i loro
tentacoli nello spazio circostante, catturano il nostro sguardo con la loro presenza mutevole. Esse
sfidano la percezione ottica, ma stimolano anche il tatto, con le loro al contempo invitanti e
inquietanti forme in costante dinamismo. Ed è comprensibile, vedendo come esse di impossessino
dell’ambiente che le accoglie, che l’artista abbia progressivamente trascurato la pittura a favore
della tridimensionalità della scultura: la via dell’installazione è senza dubbio la più adeguata per
dare vita a questo suo universo polimaterico e polimorfico, che mette in dialogo il mondo naturale
con quello artificiale, piegando la freddezza e la sinteticità dei materiali industriali all’organicità
delle forme.
Anche le sue opere pittoriche, del resto, superano lo spazio bidimensionale. Le loro fitte trame
segniche, la costante contaminazione delle tecniche, la presenza di elementi applicati sulla
superficie dipinta caratterizzano da sempre la ricerca di Barbara Grossato. All’evidente (quasi
ostentata) eterogeneità della scelta dei materiali e, in un certo senso, anche della grammatica
espressiva, fa da contrappeso una straordinaria coerenza nell’approccio creativo, nelle intenzioni che generano il bisogno espressivo dell’artista. Torniamo dunque a quella Physis, a quell’energia
primigenia che tutte le opere di Barbara sembrano sprigionare o trattenere in sé, comunque pronte a
liberarne la forza appena possibile.
In un elegante equilibrio (perché a dispetto dell’istintività con cui sono state create, esse hanno una
loro notevole piacevolezza estetica), le opere di Barbara Grossato mettono in dialogo mondo
naturale e mondo artificiale, dando vita a un universo anomalo, intrigante e profondamente
affascinante. Ma esse recano anche in sé la traccia del gesto dell’artista che le ha create, l’impronta
del suo stato d’animo nel momento della loro nascita. Portano in sé un racconto: il racconto privato
e intimo di un artista che affida al proprio lavoro tutta se stessa, senza censure, senza inganni, senza
filtri.
Simona Bartolena
